Une histoire sans fin: il rap francese in prima linea contro le violenze della Polizia, dopo la morte di Nahel Merzouk
L'ennesima tragedia che evidenza un problema tutt'altro che risolto.
Il Fatto
Martedì 27 giugno, Nanterre (Hauts-de-Seine), periferia ovest di Parigi. Una Mercedes Classe A AMG di colore giallo, impossibile da non notare, viene fermata da due poliziotti per un controllo, dopo alcune manovre sospette. Alla guida, si trova Nahel Merzouk, 17enne maghrebino di origine algerina, con a bordo altri due suoi amici coetanei, a cui viene intimato di fermarsi con una pistola puntata da parte di uno dei due poliziotti. Dal video circolato in rete, dove un testimone riprende l’alterco tra le due parti, uno degli agenti sembra minacciare l'adolescente con un "proiettile in testa".
Il ragazzo non obbedisce all’ordine e nel tentativo di svincolarsi dal controllo, il poliziotto con cui si era accesa la discussione preme il grilletto ed esplode un colpo diretto al cuore di Nahel. Dopo pochi metri, la Mercedes finirà la sua corsa contro un palo e il giovane alla guida deceduto.
Appena circolata la notizia, il territorio parigino (e non solo) si è trasformato in un terreno di guerra che ha portato, al momento in cui scrivo, 3.486 arresti, 808 agenti feriti, 1105 edifici incendiati o danneggiati e 5.892 veicoli bruciati.
Ma perchè la morte di Nahel ha scatenato l’ira della popolazione francese? Il principale motivo è la questione razziale, da parte degli agenti di polizia, che in Francia sembra un problema ancora non risolto.
La Francia tra diseguaglianze e indifferenza
Questa è stata la terza sparatoria mortale avvenuta durante un blocco del traffico in Francia nel 2023. Nel 2020 ci sono stati tre morti, seguiti da due nel 2021 e da 13 nel 2022. Le vittime erano spesso persone di colore o di origine magrebina. Con la morte del giovane di Nanterre il rapporto drammatico tra lo Stato francese, le banlieue (le periferie delle grandi metropoli) e l’integrazione sociale è stato riportato alla luce, nonostante rappresenti un problema irrisolto da oltre due decenni.
“La Francia sta affrontando il suo ostinato rifiuto di riconoscere un violento passato coloniale. La Francia continua a emarginare generazioni di immigrati. Anche se sono nati sul suo territorio, si è rifiutata di accettare i cittadini francesi con pieni diritti (...) Li ha mantenuti nello status di cittadini francesi autoctoni", scrive il quotidiano algerino El Khabar. A confermare questa situazione di tensione, dove le parole inclusione e sicurezza sembrano sconnesse con la realtà francese, un recente sondaggio tra i residenti di colore e di razza mista in Francia, 9 su 10 hanno dichiarato di aver subito discriminazioni razziali e circa la metà ha detto di essere stata fermata e di aver ricevuto una richiesta di identificazione - più del doppio della percentuale della popolazione complessiva che ha riferito la stessa cosa.
La morte di Nahel nutre la propaganda di destra
Una statistica che rappresenta perfettamente le disparità socio-politiche nel Paese guidato Emmanuel Macron e permette di nutrire la propaganda estremista del partito di destra National Rally (RN). La risposta popolare a due campagne di raccolta fondi online sembra dimostrarlo. Finora sono stati raccolti poco più di 367.000 euro per la famiglia di Nahel, mentre oltre 1,45 milioni di euro sono stati promessi per aiutare la famiglia dell'agente di polizia che ha sparato.
"Il partito sta perseguendo una duplice strategia che si rivolge sia ai suoi elettori tradizionali ed estremi, sia ai nuovi potenziali elettori che sono preoccupati per la sicurezza e vedono la RN come un partito che Le Pen ha apparentemente reso accettabile e che ripristinerà l'ordine", ha dichiarato Gilles Ivaldi, politologo presso il Centro di ricerca politica di Sciences Po a Parigi (CEVIPOF), in un’intervista a DW.
L’Odio: 1995-in corso
E di fronte a questo scenario di guerriglia urbana, il film cult ‘L’Odio’ (1995), diretto da Mathieu Kassovitz, continua ad essere il manifesto più crudo e vicino alla realtà che si possa avere. Infatti, con un reel pubblicato su Instagram, il regista ha detto la sua sulla morte di Nahel e l’incapacità dello Stato francese di anteporre politiche sociali solide e durature.
Ogni volta che succede una cosa come questa, si scrive un nuovo capitolo dell’Odio. È così da trent’anni. È un film che fa parte della nostra cultura ormai, è parte di ciò che siamo. L’unico modo per ristabilire la calma è condannare il poliziotto. Farlo rapidamente, in modo da dimostrare che la legge è forte e che vale per tutti i francesi, non solo per una parte di loro.
La visione della pellicola, volutamente girata in bianco e nero, si immerge in un contesto che oggi si riflette perfettamente. Il disagio delle banlieue, abbandonate a sè stesse senza punti di riferimento istituzionali, contro un sistema che si manifesta con violenza e oppressione. In questo senso, quei giovani come Nahel si ritrovano a crescere con un furente e costante senso di emarginazione su tutti i fronti. La polizia e lo Stato sono visti sempre più come dei nemici che, invece di portare giustizia e rispetto della legge, si trasformano spesso nei giustizieri.
Di conseguenza, medium come il cinema e la musica rap diventano le uniche vie d’uscite per raccontare la propria realtà e cercare di uscirne.
Le reazioni nel rap francese alla morte di Nahel
Voi la chiamate madrepatria, io la chiamo signora nazione
(estratto dal brano del rapper Alpha Wann ‘Le Piège’)
NTM, Assassin, Ministère Amer, La Rumeur, Sniper, Médine, Rohff, Booba, Sadek, Dinos, Damso, SCH, Dosseh, Ninho, Jul, PLK. Questi sono alcuni, tra vecchia e nuova scuola, dei nomi che rappresentano l’impegno del rap francese verso le violenze della polizia. Nomi pesanti con una risonanza di portata nazionale, in grado di portare alla luce le realtà degradate delle banlieue, da più di 30 anni.
Per la morte di Nahel, molti rapper si sono esposti pubblicamente contro le forze dell’ordine, rimarcando come si tratti “ogni giorno della stessa storia”.
In questo senso, la scena transalpina si è sempre dimostrata differente dalle altre per la capacità di unirsi sotto un’unica voce. Sopratutto, prendendo consapevolezza del loro ruolo e della loro figura, in grado di influenzare tanti giovani che compongono il loro pubblico, e cercando di essere quelle voci spesso inascoltate.
Ninho, in una recente intervista per France Inter, a questo proposito ha dichiarato chiaramente il suo dolore per Nahel e sottolineato che “è mio compito prendere posizione, parlare perché ci riguarda".
Rap francese e forze dell’ordine, una (triste) costante
Il rapporto burrascoso tra i rapper e la polizia ha avuto una serie di apici, a partire dagli anni '90, quando gli NTM sono stati condannati per insulti alla polizia nel 1996 e i Ministère Amer per aver incitato all'omicidio di agenti di polizia nel 1997. Altri gruppi stavano già denunciando la violenza della polizia: Assassin (1995) e Kery James (1998), ad esempio, rivisitarono la morte di Malik Oussekine.
"È una musica che viene dai bassifondi. È l'arte dei poveri. Abbiamo sempre pensato al rap come a una voce data a chi non l'ha mai avuta e che ha finito per togliergliela". Sul set di "Tout le monde en parle", programma condotto da Thierry Ardisson, Hamé ed Ekoué del gruppo La Rumeur hanno dato la loro definizione di rap nel 2003.
Lo stesso gruppo dei La Rumeur, tra il 2002 e il 2010 è stato coinvolto in un lungo processo con il Ministero dell'Interno, dopo che Hamé aveva scritto, in una rivista gratuita distribuita dal gruppo tra i due turni delle elezioni presidenziali, "I rapporti del Ministero dell'Interno non menzioneranno mai le centinaia di nostri fratelli uccisi dalla polizia senza che un solo assassino sia stato interrogato". Alla fine il rapper è stato assolto.
Per molti, il rap francese si è sempre mosso su un sottile equilibrio tra musica militante e festaiola. Chi più, chi meno si è posto da un lato o dall’altro della barricata, come Kery James. In un lungo post su Instagram, il rapper parigino ha rimarcato ancora una volta che, la morte di Nahel, è solo l’ultimo di una scia di sangue senza fine da troppo tempo.
A distanza di quasi 20 anni, le cose non sono cambiate in meglio, anzi sono peggiorate. Gli attivisti di @amalbentounsi devono mobilitare per spiegare ai Piccoli Fratelli che da quando è stata approvata la cosiddetta legge sulla sicurezza pubblica nel 2017, che amplia il campo di applicazione di quella che chiamano "legittima difesa", possono essere colpiti da un agente di polizia per "essersi rifiutati di obbedire" senza che l'agente venga disturbato. È questa legge che spiega l'innegabile aumento del numero di persone che negli ultimi anni sono state colpite quasi a bruciapelo mentre tentavano di fuggire. È indispensabile informare i nostri fratelli minori per evitare che si mettano in pericolo, ed è su questa legge che dobbiamo puntare il dito, perché contribuisce a peggiorare la situazione. Il nostro pensiero va alla madre e alla famiglia del giovane Nahel.
A questo punto, non resta che chiedersi se l’uccisione del giovane 17enne rappresenti un altro caso destinato a cadere nel dimenticatoio o porterà davvero ad un cambio radicale sulle politiche sociale di sicurezza nazionale.