La letteratura del rap francese #2
Da tempo, si discute come il rap possa essere considerato una forma poetica. Provocazione o realtà? Proviamo a capirlo assieme.
Sin da quando mi sono appassionato al rap con “Illmatic” di Nas, ho capito che poteva essere un genere con tanto da dire. La poetica della strada si è elevata come punto focale del rap per la sua cruda realtà. Ma, allo stesso modo, è la musa ispiratrice di molti rapper da cui nascono mondi inediti. E basta poco per imbattersi in storie, artisti e barre costruite come delle poesie o dei saggi letterari.
Quel disco, mi aprii un mondo. E da quel momento, ho iniziato ad esplorare l’immenso universo del rap. Avevo capito che non era solo la musica per divinizzare un certo stile di vita duro, ma poteva essere un’ancora di salvezza per molte persone. Ho scoperto anche di non riuscire ad ascoltare altro genere, se non il rap. Mi sento rispecchiato solo lì, in tutto e per tutto.
Ascoltando la musica rap francese, ancor di più ho dato valore alla mia (e non solo) tesi personale: il rap è una forma di letteratura.
Già nello scorso articolo su Booba, avevo raccontato come la sua prosa sia il manifesto di una generazione intera per portata storica. Il rap, inteso come mezzo comunicativo diretto, agisce da vettore per raccontare un Paese, una Nazione e riscrivere i canoni della poesia moderna.
Il primo approccio al rap francese è partito dal cinema di Kassovitz con “L’Odio” e con i film di Jacques Audiard. Ho sempre trovato un aspetto poetico, in cui venivano raccontate le periferie, le discriminazioni razziali e come spesso non sia facile trovare la propria strada per il futuro. In tutto questo, il rap ha rappresentato la cornice perfetta di un’intera generazione in rivolta.
Nell’articolo sulla rivista La Nouvelle Revue Française Thomas Ravier nel 2003, paragonò Booba a Louis-Ferdinand Céline o Antonin Artaud. Paragoni azzardati, ma che confermano la portata dell’arte del rap nel nuovo millennio. Jean Birnbaum, direttore di Le Monde des Livres, lo ha paragonato a Léon Bloy e ha lodato la sua "prosa oscena", citando questo verso di Civilisè :"Infanzia malsana, come un feto con un calibro", mentre un giovane professore di economia e sociologia Alexandre Chirat gli ha dedicato un libro ,"BOOBA: Poesia, musica e filosofia".
Paragonare la letteratura tradizionale al rap può sembrare un’eresia, ma credo ci sia una sottile linea rossa a dividere il tutto. Sono due facce della stessa medaglia, le parole vengono contestualizzate in base all’epoca. Booba in "Pitbull" rappava : "Sul trono più alto del mondo, sei sempre seduto solo sulla tua palla". Michel Eyquem de Montaigne scriveva nel XVI secolo in “Saggi”: "Sul trono più alto del mondo, sei sempre e solo seduto sul tuo culo".
Al rapper franco-senegalese è stato dedicato un documentario dal titolo: “Booba, des poèmes sans poésie”. Penso che non tanti rapper possano vantare un trattato sulla propria poetica. E venire paragonato a dei colossi della letteratura mondiale, come Baudelaire, Hugo o Verlaine, non è roba di tutti i giorni.
Souheil Medaghri, l’autore del documentario, in una intervista per Les Inrocks spiega come si può accostare un rapper al mondo letterario:
“Baudelaire e Booba usano il simbolismo come chiave di volta del loro approccio alla scrittura. Les Fleurs Du Mal è una collezione quasi interamente basata su una concezione del mondo reale che è solo un'espressione tangibile del mondo delle idee. Quello che lui chiama "L'universelle analogie". Condividono la stessa ambivalenza morale. Il modo in cui guardano le scene banali o spregevoli sarà amplificato.”
All’esterno, il rap viene spesso considerato un genere per ragazzini senza logica, pieno di parolacce e stili di vita non convenzionali. Come tutte le cose, è facile fermarsi sulla punta dell’iceberg e giudicare. A dispetto delle difficoltà linguistiche, ho apprezzato fin da subito il rap francese perchè l’ho studiato. Si, studiato come una materia scolastica.
La poesia è l'arte di evocare e suggerire sensazioni, impressioni e le emozioni più vive attraverso l'unione intensa di suoni, ritmi e armonie, in particolare attraverso i versi, ci dice l’enciclopedia Laurosse. La gente pensa che se c'è volgarità, allora non c'è più poesia. Il rap vive di metafore, di paragoni letterari, di cultura popolare e lo slang fa parte di questo club.
Come i più grandi autori letterari dell’epoca raccontavano il disagio morale, il materialismo, l’amore, anche i rapper possono essere considerati esponenti della poesia moderna. In fondo, quello che raccontano è solo uno specchio dei nostri tempi.
MC Solaar fu il primo rapper francese ad essere paragonato ad un poeta contemporaneo. Possiamo attribuire a lui il merito di aver portato un tipo di rap conscious, in Francia. I media hanno paragonato i testi di MC Solaar a quelli di Serge Gainsbourg e gli ambienti istituzionali li hanno prontamente paragonati a quelli di Arthur Rimbaud. Il rapper era la perfetta incarnazione dell’artista capace di unire musica, arte e cultura.
“Caroline”, uscita nel 1991, ha rappresentato il manifesto della sua poetica raffinata e la prima vera canzone d’amore del rap francese. La bellezza sta nella sua voce sottile, accompagnata dagli arrangiamenti di Jimmy Jay e da un’atmosfera carica di emozione.
E’ il racconto di un amore verso una ragazza di nome Caroline, attraverso diverse metafore simboliche. E’ la storia di un amore ormai andato, ma che non riesce ad andare via dalla sua mente, come scrive nella terza strofa:
Claude MC prende il microfono come una storia d'amore raggamuffin
Per raccontarvi di un'amica chiamata Caroline
Era la mia donna, era la mia merda
Era la mia vitamina
Lei era la mia droga, la mia droga, la mia coca, il mio crack
La mia anfetamina, Caroline
Il ritornello (Sono l'asso di fiori che punge il tuo cuore/L'asso di fiori che punge il tuo cuore/L'asso di fiori che punge il tuo cuore/L'asso di fiori che punge il tuo cuore, Caroline) è la parte più emblematica della canzone, in cui paragona il suo amore a delle carte da poker. Nel ricordare gli alti e bassi della loro relazione, MC Solaar usa parole che evocano i quattro simboli delle carte: fiori, cuori, quadri e picche. Soprattutto, MC Solaar menziona l'asso di fiori, che, secondo la divinazione dei tarocchi, rappresenta la curiosità travolgente - il narratore è costantemente affascinato da Caroline ed è quindi attratto da lei.
Siamo di fronte ad una delle canzoni rap più belle di sempre, senza dubbio. Soprattutto, Solaar ha aperto la strada per la nuova generazione del rap transalpino.
Un altro rapper che ha fatto dei suoi scritti un testamento storico è Kery James. Nato a Les Abymes nella Guadalupa, quando aveva 7 anni la famiglia si trasferì a Orly in Francia, un sobborgo di Parigi. In un contesto di criminalità, povertà relativa e vari problemi sociali, Kery James cresce e inizia a rappare all'età di 12 anni.
Crescendo come artista e persona, capisce che la realtà delle banlieue e delle minoranze etniche è più di un problema. Nel 2012, scrive “Lettre à la République”, probabilmente una delle canzoni più importanti dell’intera scena rap francese di sempre.
Un attacco diretto alla Repubblica francese sui temi del colonialismo e lo sfruttamento delle terre d’Africa. Nel video, ho notato una particolarità: i sottotitoli disponibili sono in inglese, non in francese. Io l’ho interpretato come un segno di richiamare tutto il mondo a porre l’attenzione su questi temi delicati, mentre la Francia si è spesso girata di spalle.
La canzona ha attirato le ire dei militanti di estrema destra del Bloc Identitaire che hanno cercato di far vietare i suoi concerti, denunciando il "razzismo anti-bianco" di Kery James e consigliandogli di andare a "vivere in terra musulmana".
Insomma, è stata uno scossone generale e ha permesso di farlo conoscere al grande pubblico. E, a distanza di 9 anni, non ha perso il suo smalto travolgente. Ascoltandola, ti senti coinvolto in prima persona come se ti stesse parlando face to face.
A tutti quei razzisti dalla tolleranza ipocrita / Che hanno costruito la loro nazione sul sangue / Ora si ergono a dispensatori di lezioni / Saccheggiatori di ricchezza, assassini di africani / Colonizzatori, torturatori di algerini. [...]
Noi arabi e neri / Non siamo qui per caso / Ogni arrivo ha la sua partenza / Avete desiderato l'immigrazione / Grazie ad essa vi siete ingozzati fino all'indigestione.
Chiaramente, ha attirato anche tanti pareri negativi da parte del pubblico. La sua era una presa di posizione netta, per alcuni ancora troppo legata al passato. D’altronde, il bello della poesia, è proprio il suo essere interpretabile in più maniere.
Alcuni versi di “Je m’écris” sono diventati oggetto di studio in una classe in Costa D’Avorio e rendono chiara l’importanza di James.
E il rap si nutre di odio e amore, in egual maniera.
Il rap francese, specialmente negli ultimi anni, ha sfornato molti artisti con un forte lato malinconico e di disagio. "Les pleurs du mal" di Dinos richiama chiaramente l’opera di Baudelaire, “I Fiori del male”, con una traccia emozionante e toccante. Dinos utilizza alcuni codici baudelairiani adattandoli alla realtà della sua vita. Affronta temi forti come il razzismo, la pedofilia e la precarietà.
Avremmo potuto rimanere a casa e ricostruire l'Africa,/ma siamo dovuti in nome del denaro e non dello Spirito Santo
400 anni di cicatrici, memoria nella pelle come Jason Bourne/Lavoro per la mia gente, cerco di aprire loro gli occhi/Ma sai come sono i negri tra di loro
Sono oscuro, dormo solo con un occhio come Jean-Marie Le Pen
Nella clip annessa, girata interamente in bianco e nero, aumenta il carico della sua poetica malinconica. Viene messo in evidenza l’elemento dell’acqua sempre in discesa, come le lacrime costantemente presenti sulle facce dei protagonisti. Il canto di Dinos è la colonna sonora di una generazione rinchiusa nella periferia e sempre meno felice.
Le lacrime sono un simbolo enigmatico, volutamente lasciato a più punti di vista.
"A 27 anni, so meglio da che parte sto: bisogna avere amore e rispetto per il prossimo. Questo disco (Stamina, ndr) chiude un ciclo piuttosto oscuro e mostra, senza per questo diventare ingenuo, un sincero ottimismo, o almeno una volontà di rimanere ottimista", dichiara Dinos a Telerama.
Nella poesia di Baudelaire, troviamo un termine che racchiude un insieme di concetti: spleen. E’ un continuo senso di angoscia presente all’interno dell’uomo, come se non si riuscisse a superare quell’ostacolo e ad affrontarlo. Ci coloriamo di nero, ci svuotiamo. Penso che il rap francese, da molti considerata la seconda industria hip-hop più grande al mondo, abbia capito che non possono essere dei messaggeri di una vita sregolata.
La Francia gode di un grande patrimonio letterario ed integrarlo nel rap non può che dar vita ad un mix di successo. Il disagio interno convive con il “dovere” di proteggere il personaggio esterno duro, violento e lussuoso.
SCH è tutto questo. Il rapper marsigliese, album dopo album, è cresciuto in maturità. Se all’inizio della sua carriera l’esigenza era mostrare al mondo intero di avere le capacità per competere, ora si tratta di entrare in confidenza con il proprio pubblico come umano. Recentemente uscito il secondo capitolo di “JVLIVS”, SCH conferma di voler sviluppare sempre il suo universo personale.
Sto parlando al muro/ sento nei suoi sussurri che/ ho fatto a pezzi il suo cuore ”Fusil” -A7
Il precedente capitolo, uscito nel 2018, era molto più cinematografico e ispirato all’estetica mafiosa in tutto. In “Otto”, il rapper scatena tutta la sua poetica cruda che lascia il segno. Funerali, pistole, carcere, Audi. L’album, per alcuni già un classico del rap francese, ruota attorno alla moltitudine di personalità incarnate da SCH: a volte dandy, a volte gangster, a volte gotico.
Ma Otto è anche il nome di suo padre, deceduto nel 2017, a cui ha voluto dedicare il video in pieno stile mafioso, dopo “La Nuit”. Molti potrebbero affermare di temi triti e ritriti, ma con SCH tracciano la sua mente in continuo equilibrio tra la vita e la morte.
Con “JVLIVS” ha solo voluto introdurci all’interno del suo universo, mostrandoci le sue diverse sfaccettature. Realtà e finzione.
Su “Loup Noir”, contenuto in “JVLIVS: II”, inizia a tracciare la sua redenzione, attraverso il lutto paterno: “Elencare quello che ho lasciato lì, prendere più che posso per papà/ Come se lo facessi risorgere dalla morte come un dio greco”. Un riferimento mitologico , che ricorda le ispirazioni di autori del XVI secolo come Philippe Desportes, che evoca Perseo, Vulcano e Icaro, o certi membri della Pléiade (Pierre de Ronsard o Joachim du Bellay), che moltiplicarono all'epoca le allusioni alla mitologia greco-romana.
In “Raisons” il suo malessere è ancora più accentutato: “Tutte le stelle del cielo, l'universo è così vasto/mi perdo nella sua grandezza/ penso se fosse una specie, il buio è così vasto/ mi perdo nella sua oscurità" , una strofa di natura baudelariana dove il cielo sopra di noi diventa il riflesso del nostro vuoto esistenziale. Ma è anche un richiamo a Victor Hugo ("Au fond du ciel, désert lugubre où meurt le bruit", Abîme) e Blaise Pascal ("Le silence éternel de ces espaces infinis m'effraie").
SCH ha rimesso in luce il tema centrale della letteratura francese del XIX secolo: la figura tragica e provocatoria del poeta (rapper) maledetto. Non c’è la voglia di vedere un futuro luminoso, ma vivere un presente intriso di amarezza, passioni temporanee e dolori incolmabili.
Consigli d’ascolto (oltre a quelli citati nell’articolo)
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