Il rapporto di Booba con l'Africa #1
Il rapper francese, di origini senegalesi, ha sempre portato in alto il suo Paese d'origine. Come ha inciso sulla sua carriera?
Quando Guè Pequeno affermava di voler essere il Booba italiano, molti non avevano ancor ben chiaro chi fosse Il Duca in Francia. Una figura che ha influenzato una generazione intera non solo dal punto di vista musicale, ma anche come messaggero di una nazione. Uno che ha trasformato la sua persona in un brand internazionale. Negli anni, è diventato il reale punto di riferimento per il rap francese. Nel 2003, in una intervista per Liberation, Booba affermò di essere il rappresentante della generazione "T'inquiète", letteralmente "non si preoccupi”.
Il fenomeno rap in Francia stava prendendo piede pesantemente e quell’affermazione sembrava dire: “ora tocca a noi, ne vedrete delle belle”. E, in effetti, da quel momento sarebbe cambiato tutto. Booba aveva costituito “Lunatic” con il suo amico Ali nel 2000, facendo non poco scalpore con il loro album “Mauvais Oeil”. La consacrazione del rap hardcore era in quel disco, un vero testamento universale. Aurelien Chapuis, su Konbini, analizza perfettamente quel momento:
“Il talento combinato dei due rapper per l'equilibrio fa sì che Lunatic sia uno degli album più eccitanti e ben costruiti del rap francese, aperto a tutti i tipi di teorie e analizzato per la sua scrittura e tecnica. Come Prodigy nei Mobb Deep, Booba aveva troppi testi, troppi pugni, troppe immagini suggestive da consegnare. Ha poi realizzato il suo primo album da solista, Temps mort, che ha segnato la fine della sua avventura con 45 Scientific e il suo duetto con Ali, Lunatic.”
Ma oltre la sua grandezza, in termini di carriera, c’è sempre stato un aspetto che mi incuriosiva di Booba: l’Africa.
Élie Yaffa, vero nome di Booba, nasce da padre senegalese e madre francese per poi crescere a Boulogne-Billancourt, Hauts-de-Seine. Sa che la Francia, a quel tempo, era un territorio ostile per crescere come franco-africano. All’età di 15 anni, volò in America e ne rimase estasiato. Era il mondo che vedeva in televisione e ammirava. Ma il vero obiettivo di quella esperienza era conoscere a fondo le sue radici. Andare in America, a Detroit in particolare, gli aveva permesso di ampliare il suo pensiero consapevole e quanto sia fondamentale conoscere la propria persona, prima dell’artista.
“In Francia, dalla prima elementare alla seconda, si impara la Monna Lisa e la seconda guerra mondiale. Mi sarebbe piaciuto che mi avessero parlato della schiavitù, della guerra d'Algeria e del perché dell'immigrazione", dichiarava sempre a Liberation nel 2003.
L’essere un ragazzo di razza mista lo aveva posto davanti a non pochi conflitti interiori. Bianco o nero? Africano o francese? Perchè siamo emigrati?
Quando doveva decidere il suo attuale pseudonimo, volle rifarsi al nome Boubacar, un suo cugino senegalese. La scelta fu chiara: doveva essere l’emblema della sua Terra d’origine. E, nel corso degli anni, non sono mancati i riferimenti attraverso la sua musica: “Bakel City Gang”, “Mon Pays”, “DKR”, “Comme une ètoile”, “Jimmy”.
Je suis fils d'immigré, papa aussi t'a quitté/ Il court après le biff que Christophe lui a piqué
In Francia, fare rap non è mai stato solo fare musica. Per arrivare ai continui inni di Booba alla sua madre-patria, bisogna fare un passo indietro nella storia. Il rapper ha sempre dato l’impressione di essere l’emblema dell’hardcore, della violenza e del gangster. Ma, in verità, non ha mai tralasciato le questioni socio-politiche, soprattutto sul colonialismo.
Lo Stato Francese è, da sempre, conosciuto come un Paese coloniale e l’Africa lo sa benissimo. L’imperialismo Francese in Africa ha radici molto lontane, comincia nel XVII secolo ma entra a pieno regime solo nel XIX secolo. L’occupazione dei territori era motivata principalmente dallo sfruttamento delle materie prime di cui il continente abbondava e gli stati africani, a quei tempi sotto-civilizzati, rappresentavano un bersaglio estremamente facile per i principali paesi imperialisti con i loro eserciti e i loro arsenali (Francia, Belgio, Spagna e Inghilterra su tutti). In Senegal, i francesi cominciarono a fondare empori commerciali già dal 1624.
In breve tempo, iniziarono le tratte degli schiavi che segnò per sempre il tema della discriminazione razziale (vedasi Black Lives Matter).
“Dall’Africa, gli schiavi venivano poi trasportati e venduti in America. È stato calcolato che la Tratta Atlantica portò alla deportazione di più di 12 milioni di persone. La navi francesi partivano soprattutto dai porti di Nantes e di Bordeux per poi arrivare nelle colonie come Haiti, Santo Domingo, la Martinica, la Guyana o le Antille“, scrive Il Post. Ma il problema della tratta degli schiavi ha strascichi economici ancora oggi, come afferma Le Monde.
Booba, nella sua arte, si è spesso elevato a favore di questo tema cosi duro. In un’intervista per Brut, racconta di essere stato segnato all'età di 10 anni dalla sosta sull'isola di Gorée in Senegal, in particolare dalla famigerata Maison des Esclaves, un edificio del XVIII secolo, inserito nel patrimonio mondiale dell'UNESCO per essere una vestigia della tratta transatlantica degli schiavi. Descrive le "sbarre di ferro", "le celle", specialmente quelle per "i neonati" e "i vecchi" "che venivano alimentati a forza con olio di palma".
Ed infatti, nel video di “DKR”, uscito nel 2016 per il suo disco “Trone”, rende omaggio alla capitale del Senegal Dakar. All'inizio del video musicale, Booba si trova propri sull’isola di Gorée e lo attraversa per ricordare ancora una volta le ingiustizie verso il suo Paese natale.
"Ton nom d'famille sera prise d'otage; a quoi sert d'etre lion en cage" che si traduce in "il tuo nome di famiglia sarà preso in ostaggio; che senso ha essere un leone in gabbia". Paragona l'Africa a un leone in gabbia, il continente è potente e ricco di risorse, ma non può trarne profitto.
La sua musica, come la sua persona, non vive di un’unica identità. Rilascia più un senso di cosmopolitismo che va oltre la religione, il colore della pelle e la politica. Ma, ancora oggi, il problema del razzismo in Francia non è stato ancora risolto a pieno. Secondo i risultati di una ricerca presentata al Parlamento Europeo nel novembre del 2018 e realizzata dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA – Fundamental Rights Agency) dal titolo “Essere neri nell’Ue – Being Black in Eu”, il 32% in Francia ha ammesso di aver subito atti di molestia negli ultimi 5 anni.
Qui sotto, vi lascio alcune delle punchline più belle di Booba in merito al rapporto tra Francia e Africa. Non si tratta di musica politicamente schierata, ma semplicemente un richiamo alla propria terra. Da sempre, vittima di saccheggi umani e di ricchezze economiche.
“À 10 ans, j'ai vu Gorée depuis mes larmes sont éternelles/ Ma rage automatique, mes armes semi-automatiques - “0.9” (2008)
“Adieu Gorée, et le mépris/À les détester je me détruis/À coups de fusils je reconstruis/Je veux me venger, décrocher le premier prix - “Mon Pays” (2015)
Négro j'repense au Sénégal, à l'île de Gorée/41 balles pour un contrôle, le roi de la pop décoloré - “Locked Up French Remix” (2002)
On est exclus, on existe pas, on résiste, nous/C'est la rage qui nous mène en bateau/ J'prends l'industrie à quatre pattes, crache dans leur gâteau - “La Faucheuse” (2004)
J'ai tout vu, j'ai fait du mitard, frôlé la muerte/Prise d'otages, flow bateau-esclave pour mieux les fouetter - “Tout c'que j'ai” (2013)
Conoscere il rap di Booba a fondo permette di aprire orizzonti inesplorati. Il suo successo nazionale non è casuale e punta i riflettori sul pubblico francese: il rap può macinare milioni di views anche non parlando di Rolex, macchinoni e bella vita. Pensate un attimo all’Italia. Non siamo ancora pronti nel vedere una scena in cui il mainstream e la storia (non è solo politica, ma qualcosa che va oltre) convivono sullo stesso palcoscenico.
Anche per questo motivo di fondo ho scelto di parlare del rap francese in questa newsletter. Non basa le sue fondamenta sulla musica in sé, ma cerca di testimoniare la propria genealogia.
Booba ha sempre avuto un occhio sulle questione razziali, come dimostra la cover del suo disco “Ouest Side” del 2006, da molti considerato come la consacrazione definitiva del Duca, omaggia Malcom X in uno dei momenti più importanti della storia. L’attivista era in conflitto con la Nation Of Islam di Farrakhan ed era stato formalmente condannato a morte. Siamo nel settembre 1964 e Malcom X si stava rifugiando dai suoi assassini con un fucile M1 in mano. Alla fine, tre membri della Nation Of Islam lo avrebbero assassinato un anno dopo.
L’omaggio del rapper sembra voglia dire: parlare in modo diretto e violento può far male qualcuno. Proprio come le sue rime infinite.
Non è sorprendente il fatto che Booba si sia trasferito stabilmente a Miami. In Francia, aveva perso da tempo la voglia di restarci. Non lo ha mai rappresentato a pieno e spesso lo ha dichiarato apertamente, come in ”Caesar Palace”:
Fuck you, fuck la France, fuck Domenech/ C'est pas du rap de fils de khaneze/
Dévisagé, montré du doigt toute ma jeunesse
In una intervista per Les Inrocks spiegò la prima parte del verso così:
“Quando scrivo "Fuck you/Fuck France/Fuck Domenech", sulla canzone Caesar Palace, la gente mi dice (prende una voce come una vergine spaventata) "ah beh, no, nemmeno 'fuck France'. […] Come si aspetta che noi vogliamo vivere in Francia? Sono stato in molte situazioni in cui essere nero è stato dannoso per me. Quando cercavo un alloggio, per esempio. Mia madre, che è bianca, ci andava spesso. Mi diceva sempre "non mostrare la tua faccia". Questo era tutto. Era mia madre e l'aveva integrato.”
Mentre, qui spiega il riferimento all’ex-allenatore della Nazionale Francese Domenech. Per lui, era indicativo della mentalità conservatrice della Francia. All’epoca, la Francia uscì incredibilmente ai gironi nella Coppa Mondiale 2010, scatenando infinite polemiche per la gestione dentro e fuori dal campo.
Se volessimo racchiudere tutte le rime di Booba che richiamano la tratta degli schiavi, il colonialismo e il razzismo potremmo scrivere un libro intero. “Jimmy” è, a mio parere, la canzone che meglio riassume tutta l’estetica del rapper franco-senegalese. Il suo è un “trauma genetico”.
La clip ci mostra un ragazzo africano in cerca di una vita migliore e quindi emigra in Francia. Ma, una volta lì, non troverà che una vita di problemi continui tra spaccio, armi e sparatorie. Come dichiarato a MetroFrance dallo stesso Booba, il brano è “la storia di un immigrato. Ragazzi che vengono dalla campagna e finiscono a vendere crack a Stalingrado. Conosco un sacco di Jimmy.”
Una volta, Josè Mourinho disse una frase incredibile: “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”. Per me, lo stesso vale qui. Chi sa solo di musica rap, non sa nulla di rap.